MOSTRA "LA BELLE ÉPOQUE" AL PALAZZO MARTINENGO CESARESCO NOVARINO DI BRESCIA

L'arte nella Parigi di fine secolo: Boldini, De Nittis, Zandomeneghi, Corcos e Mancini.

Il Palazzo Martinengo Cesaresco Novarino - meglio essere precisi a impostare il navigatore per non rischiare di equivocare, come è accaduto alla sottoscritta se non avesse avuto accanto Pietro, guida per un giorno, che conosce Brescia meglio delle sue tasche, considerando che nel centro storico vi sono numerosi edifici che un tempo sono stati dimora residenziale dei diversi rami della facoltosa e omonima famiglia locale - ospita fino al 15 giugno 2025 una meravigliosa rassegna, che ha come filo conduttore l'esplosione artistica nella capitale parigina tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo.

Protagonisti indiscussi della mostra, per la straordinaria curatela di Francesca Dini e Davide Dotti, prestigiosi storici e critici d'arte, sono i pittori italiani Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi, Vittorio Matteo Corcos e Antonio Mancini, che parteciparono attivamente al clima di fermento artistico e culturale di Parigi, principale centro propulsore dell'Arte Contemporanea.

Nella seconda metà dell'Ottocento, svariati artisti italiani si spostarono nella capitale francese, dove soggiornarono a completamento della loro formazione, affermandosi e conquistando i più celebri e rinomati collezionisti dell'epoca, con cui poterono stipulare contratti anche duraturi e dedicarsi alla pittura di soggetti differenti, in particolare figure femminili, ritratte tanto nei momenti quotidiani quanto nelle occasioni pubbliche e formali, facendosi interpreti e portando sulla tela una psicologia intrigante e poliedrica, restituendo impressioni e perpetuando stati d'animo intensamente effimeri.

La Belle Époque fu un periodo di forte sconvolgimento culturale, artistico, scientifico e tecnologico. Una sorta di età dell'oro, contraddistinta dal trionfo della borghesia, dei valori liberali e laici, della notevole libertà di pensiero, foriera di un progresso rivoluzionario, nonché di grande prosperità economica. In questi anni, infatti, le scoperte scientifiche ricevettero un ulteriore impulso, nacquero nuovi mezzi di trasporto in grado di accorciare le distanze tra i luoghi e si affermò il turismo di massa, incentivato dai manifesti che pubblicizzavano le mete turistiche e dai virtuosi giornali a stampa, che accelerarono il processo consumistico, facendosi portatori del folgorante e diffuso benessere.

L'intera Francia, con Parigi in testa in quanto modello ineguagliato di civiltà, divenne una Nazione da cui prendere spunto, un territorio di confronto per artisti provenienti da ogni parte d'Europa, una fucina culturale e letteraria in cui convivevano tendenze anche molto lontane le une dalle altre. A contribuire alla creazione del mito parigino le Esposizioni Universali, che si svolsero periodicamente in città, promuovendone l'immagine univoca a livello internazionale.

Il percorso espositivo si articola in nove sezioni, ospitando complessivamente circa un centinaio di opere, soprattutto quadri, provenienti sia da collezioni private che da istituzioni museali di rilievo, tra cui le Gallerie degli Uffizi, il Museo Giovanni Boldini e il Museo Civico di Palazzo Te.

Giovanni Boldini, Ritratto di Miss Bell (1903), olio su tela, Genova, Raccolta Civica Luigi Frugone

Vittorio Matteo Corcos, La contessa Carolina Sommaruga Maraini (1901), olio su tela, Roma, Fondazione per l'Istituto Svizzero

Giuseppe De Nittis, Accanto ai laghetti dei Giardini del Lussemburgo (1875), olio su tela, Collezione privata

Federico Zandomeneghi, Al Café de la Nouvelle Athènes (1885), olio su tela, Collezione privata

Antonio Mancini, Saltimbanco con chitarra (1877), olio su tela, Collezione privata

Molteplici i confronti e i rimandi che s'incontrano nella mostra, a partire dalla prima sezione, in cui l'allestimento mette in risalto i contrasti e le similitudini tra i dipinti di Giovanni Boldini e Giuseppe De Nittis. Sulla parete di destra, i quadri del pittore ferrarese raffigurano l'alta società parigina, tra cui spiccano la grande tela Alle Folies Bergère e, accanto, quella che ritrae la musa e amante Berthe che esce per una passeggiata. A sinistra, invece, si trovano alcuni dipinti dell'artista pugliese, che si accostò alla pittura impressionista, distinguendosi per il marcato accento di eleganza mondana e dipingendo scene di vita ambientate in prevalenza in esterna, come i capolavori Accanto al laghetto dei Giardini del LussemburgoSulla panchina agli Champs Elysées.

Nella sala adiacente, un tripudio di quadri realizzati dal pittore Federico Zandomeneghi, per gli amici Zandò, assiduo espositore al Salon des Indépendants, una mostra indipendente che consentiva agli artisti di presentare le proprie opere in piena libertà, svincolata da ricompense e giuria di ammissione, che si discostava dall'arte ufficiale, accademica, del Salon officiel, propugnata dal governo parigino. Profondamente influenzato dallo stile di Edgar Degas e di Auguste Renoir, il pittore veneziano, nel 1874, si spostò nella capitale francese, dove fu preso sotto l'ala protettrice del facoltoso gallerista e mercante d'arte Paul Durand-Ruel, con il quale instaurò una collaborazione, impegnandosi a dipingere un numero consistente di quadri aventi per soggetto immagini di giovani donne. In mostra si possono ammirare, tra gli altri, gli oli su tela Al Café de le Nouvelle Athènes, in cui si autoritrae insieme alla modella Suzanne Valadon, La conversation, Visita in camerino Bambina con mazzo di fiori, che coniuga, con grande naturalismo, due soggetti particolarmente graditi al pubblico dell'epoca, nonché il celebre pastello su carta Il tè, capace di restituire l'atmosfera intima creatasi tra le figure femminili, intente a scambiarsi confidenze e pettegolezzi, in uno scorcio quasi fotografico.

Proseguendo, l'esposizione introduce il visitatore in una sala oscurata da pesanti tendoni teatrali, che punta i riflettori su una gigantografia, immagine d'epoca che mostra un suggestivo panorama cittadino ai piedi della Tour Eiffel: il monumento in ferro battuto progettato dall'architetto Gustave Eiffel e portato a termine nel 1889 in occasione dell'Esposizione Universale, caduta nel centenario della Rivoluzione Francese, oggi emblema per antonomasia della Nazione.

La quarta sezione accoglie, quindi, le tele di Vittorio Matteo Corcos, noto pittore di genere, paesista e ritrattista, che dimorò a Parigi dal 1880 al 1886. In questi anni, fu notato dall'editore e mercante d'arte Jean-Baptiste Adolphe Goupil, con cui firmò un contratto quindicinale, in grado di garantirgli una certa stabilità economica. Nella capitale, frequentò lo studio di León Bonnat, entrò in contatto con Giovanni Boldini e si indirizzò verso un tipo di pittura leggera e galante, in cui non mancano tocchi virtuosistici e accattivanti. L'influsso di Giuseppe De Nittis, invece, risulta evidente nel genere del ritratto mondano, cui afferiscono i dipinti Le istitutrici ai Campi ElisiLa lettura interessanteNeron blessé Messaggio d'amore, locandina promozionale della mostra bresciana.

La pittura di Vittorio Matteo Corcos si ritrova anche nell'ultima sezione del percorso espositivo, in un'efficace comparazione con i ritratti di Giovanni Boldini, che si sfidano a colpi di pennello e colori a olio nella rappresentazione su tela di eminenti personalità della società di fine secolo. Da un lato, infatti, Giovanni Boldini restituisce istanti quotidiani di figure femminili colte in pose dinamiche e vibranti, immerse in spazi aperti, come Rita Lydig in Passeggiata al Bois de Boulogne, o in lussuosi interni dagli arredi appena accennati, come in Ritratto di Miss Bell, che indossa un elegante e sfarzoso abito rosso, adornato da un vistoso fiocco nero al centro della scollatura, raffigurata distrattamente poggiata a una seggiola, o anche in Ritratto della principessa Radziwill, dipinta a mezzo busto e avvolta dal tulle fluttuante dell'elegante vestito, in cui sono incastonate delle rose, allusione esplicitamente velata alla sensualità, accentuata dallo sguardo seducente e penetrante che ammalia lo spettatore, evidenziato dalle lunghe dita affusolate che giocano con il collier perlato. Dall'altro lato, viceversa, si stagliano sulla parete le opere realizzate da Vittorio Matteo Corcos, più composte e pacate, dal tono formale e dalle posture ieratiche, che ritraggono, per esempio, Maria José, moglie di Umberto II di Savoia, principessa del Piemonte e donna di elevato spessore culturale, dipinta di profilo ma con il volto verso il pubblico, avvolta da un'eterea veste turchese a spalline, che richiama la tonalità degli occhi, incredibilmente profondi e vividi, o La contessa Carolina Sommaruga Maraini, che si staglia, in piedi, al centro di una stanza con un drappo roseo a fare da sfondo, dall'atteggiamento solenne ma, allo stesso tempo, elegante e naturale, mentre indossa un sontuoso abito impreziosito da scintillanti decori neri arabescati e un candido pellicciotto a mano, che si sposa perfettamente con la carnagione quasi diafana, enfatizzata dai preziosi gioielli, le cui pietre spiccano grazie all'apposizione di piccoli inserti di colore puro: un quadro che mi ha intimamente ammaliata, denso di riferimenti allegorici.

Salendo le scale fino al piano superiore, dotato di un modesto balconcino dal quale si può godere di un affaccio sul cortile interno del palazzo, si apre la quinta sezione con le opere di Antonio Mancini, d'inclinazione prettamente napoletana, esponente della scuola che, sulle orme di Domenico Morelli, si ricollegava agli antichi e orientato in prevalenza alla pittura di genere, capace di conferire ai suoi soggetti un tocco fresco e audace, una forza esuberante di vita e sincerità. Tra i dipinti più famosi, sono esposti in mostra Saltimbanco con chitarra, che ritrae Luigiello, il giovane modello prediletto dal pittore, in veste di uno scugnizzo che si diletta a strimpellare qualche accordo, intonando i versi di una canzone popolare, e Autoritratto della follia, un'opera angosciante, realizzata dopo il rientro in Italia dal soggiorno parigino, quando fu ricoverato in una casa di cura, vittima di crisi depressive.

A completamento dell'esposizione una ricca e variegata collezione di vasi e oggetti in vetro artistico, dalle decorazioni che si ispirano ai motivi floreali dell'Art Noveau, impreziositi da smalti, dorature e incisioni, prodotti dalla cristalleria francese dei fratelli Auguste e Antonin Daum, sperimentatori di tecniche innovative e interpreti dell'estetica contemporanea, nonché dal sapiente mastro vetraio Émile Gallé, specializzato in vetro soffiato e nella creazione di complementi d'arredo in pasta vitrea delicati nei colori e nelle sfumature, destinati alle abitazioni della borghesia.

La settima sezione include, inoltre, una vasta selezione di raffinatissimi abiti e accessori femminili, realizzati su misura dalle più rinomate Maisons di Haute Couture, luoghi di ritrovo esclusivi dell'alta società, che testimoniano l'evoluzione del gusto e del modo di vestire nella Parigi di fin de siècle.

Infine, l'allestimento culmina in un ampio spazio dalle pareti tappezzate di variopinti manifesti, le cosiddette affiches, disegnati da celebri illustratori italiani per pubblicizzare locali alla moda, cabaretcafé chantant, spettacoli teatrali, prodotti commerciali e destinazioni turistiche. Tra le firme più insigni si annoverano: Marcello Dudovich, con i cartelloni progettati per l'inaugurazione dei Grandi Magazzini Emiddio & Alfonso Mele di Napoli o per la promozione di bevande e alcolici, come il Liquore Strega; Leopoldo Metlicovitz, con la locandina operistica della Tosca di Giacomo Puccini e la pubblicità dei profumi di Sauzé Frères; Leonetto Cappiello, particolarmente noto nell'ambito del manifesto ritrattistico e caricaturale, con gli schizzi cangianti di Contatto Campari.

Giovanni Boldini, Passeggiata al Bois de Boulogne (1909), olio su tela, Ferrara, Museo Giovanni Boldini

Vittorio Matteo Corcos, Neron blessé (1899), olio su tela, Collezione privata

Abito da sera in merletto Chantilly e cintura in velluto, cappello in tulle e piume di struzzo, ventaglio ricamato e catena da collo orientale (1900), Collezione Mara Bertoli

Émile Gallé, Vaso con decoro di paesaggio dei Vosgi (1910), pasta vitrea con smalti e dorature, Nancy, cristalleria Émile Gallé

Marcello Dudovich, Liquore Strega (1905), litografia su carta, Milano, Officine Giovanni Ricordi & C.

A mio modesto parere, una mostra assolutamente ben riuscita, in una cornice d'eccellenza: gli splendidi ambienti di Palazzo Martinengo Cesaresco Novarino nel centro storico di Brescia, dai meravigliosi soffitti affrescati.

Unica pecca: data la concessione esclusiva della maggior parte delle opere, solitamente inaccessibili al pubblico, non è possibile scattare fotografie. Nel complesso, il piccolo inconveniente viene sopperito da un'audioguida, gratuita, funzionale all'approfondimento di alcuni aspetti dei quadri esposti, favorendo, così, un'esperienza immersiva e coinvolgente, che trasporta il visitatore nella travolgente atmosfera della capitale francese, con le sue piazze brulicanti, i boulevard alberati, gli affollati café e i lussuosi interni borghesi, emblema della vita moderna.

Vi ringrazio per aver avuto il coraggio di andare oltre, di osare, proseguendo fino in fondo la lettura!

Vi ringrazio anche se magari vi siete fermati molto prima...

Purtroppo, quando si parla di arte, non ho affatto il dono della sintesi.

Ma sono fiduciosa: imparo in fretta!

Vostra

Anna Tavernini                                                                                                                                                                                                                   


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Commenti

Sandro
13 giorni fa

Ho visitato la mostra il mese scorso, prima della chiusura, e sono rimasto piacevolmente colpito, sia dal contesto che dall'esposizione artistica. Complimenti per la recensione, davvero puntuale e ricca di spunti interessanti!